Concluso il lungo giro in auto nel Queensland, siamo atterrati al minuscolo aeroporto di Ayers Rock dopo aver sorvolato migliaia di chilometri di outback, il deserto semiarido che occupa tutta la parte centrale dell’Australia.
Il volo è stato completamente senza nuvole e questo mi ha permesso di scattare un po’ di foto del panorama: un paesaggio quasi marziano, caratterizzato dalla terra rossa, fiumi e laghi completamente asciutti, e da poche strade che proseguivano in linea retta per chilometri.
All’arrivo all’Ayers Rock Resort abbiamo trovato la temperatura invernale di queste zone: circa 25 gradi di giorno con una notte gelida, quasi sotto lo zero.
Quello che viene definito Resort è in realtà un villaggio turistico composto da vari hotel realizzato in funzione delle escursioni a Uluru (il nome aborigeno della famosa formazione rocciosa). Noi siamo stati all’Outback Pioneer Hotel, struttura non bellissima ma con una camera spaziosa e piscina. La parte migliore dell’hotel è il barbecue, che la sera attira turisti da tutti gli altri alberghi: è possibile infatti comprare al bancone la carne e cuocerla autonomamente sulle griglie. Ovviamente oltre a poter comprare pollo e bistecca di manzo ci sono spiedini di coccodrillo, canguro, salsicce di emu e altre specialità locali. Noi abbiamo provato un po’ di tutto per curiosità, ma alla fine niente batte la carne tradizionale (chi ha detto bistecca alla fiorentina?).
Il giorno seguente è stato intenso: sveglia alle 5 per l’escursione ad Uluru all’alba, giro intorno alla roccia con tour guidato e ritorno per pranzo in hotel. Nel pomeriggio di nuovo fuori per un altro giro al parco nazionale con tappa alle Olgas (Kata Tjuta), e di nuovo ad Uluru per vedere il tramonto. Un programma impegnativo ma davvero spettacolare!
La prima escursione è iniziata al gelo delle 6 di mattina, salendo su un pullman insieme ad altri turisti infreddoliti e addormentati (troppi italiani!). Entrati nel parco nazionale, verso le 6.45 abbiamo preso al volo un the caldo davanti ad Uluru e ci siamo sistemati in una buona posizione in attesa del sole. Come i primi raggi hanno iniziato a illuminare la formazione rocciosa è iniziato lo spettacolo: il rosso è apparso sempre più vivo, con il cielo che da grigio è diventato di un azzurro intenso. Non so se le foto riusciranno a rappresentare sufficientemente bene l’atmosfera, è stata un’esperienza davvero unica.
Da lì ci siamo spostati seguendo la guida per imparare alcune informazioni su Ayers Rock: ci ha raccontato alcune leggende aborigene, abbiamo visto dei dipinti in una caverna, ed è stato molto interessante scoprire come si sia formato un ammasso simile di roccia in mezzo al deserto, così come il vicino Kata Tjuta. La parte più affascinante riguarda sicuramente le striature verticali di Uluru, che in origine erano strati orizzontali di roccia sedimentata, emersi dopo una rotazione di circa 90 gradi.
Riguardo alle fotografie e al presunto divieto di scattare per via delle popolazioni aborigene, posso dire che è vero: quasi tutto quello che riguarda la vita degli aborigeni non può essere ripreso, ma si tratta di poche aree ben delimitate. Fare foto a Uluru è consentito e non è assolutamente un problema se fatto rispettando le regole. Scattare nelle aree proibite invece può costare molto caro se un ranger vi scopre.
Tornati all’hotel per pranzo e per riscaldarci al sole, siamo partiti nuovamente alle 14.40 per il secondo tour.
La prima meta del pomeriggio è stata la formazione rocciosa chiamata Kata Tjuta: una serie di cupole e gole dello stesso colore di Uluru ma formate da rocce molto meno fini. Per questo motivo non si tratta di un’unica montagna ma di decine di vette, più che riconoscibili guardando l’orizzonte.
Noi abbiamo fatto una fantastica passeggiata di circa un’ora all’interno di una delle gole, chiamata Walpa Gorge. Dopo un breve tratto sotto il sole, siamo arrivati tra due delle vette più alte, dove non arrivava più il sole diretto e soffiava il vento. Un paesaggio davvero unico, rosso intenso e con enormi massi un po’ ovunque.
Non so se per l’atmosfera, per il fatto che non ci fossero poi tanti altri turisti o per il panorama assolutamente fuori dal comune, ma questa parte della giornata è stata davvero fantastica. Kata Tjuta merita una visita e sarebbe stato bello poter provare gli altri percorsi che si trovano all’interno delle gole. Non so come sia King’s Canyon, dove non siamo stati, ma tutto il parco nazionale di Ayers Rock è una meraviglia.
Avvicinandoci al tramonto ci siamo fermati ad un punto panoramico da dove era possibile vedere sia Kata Tjuta che Uluru. Tra l’altro all’orizzonte si vedevano anche vari incendi controllati che in qualche ora hanno coperto buona parte del cielo di nuvole scure: da queste parti infatti è fondamentale bruciare piccole aree per evitare che prendano fuoco nei periodi più caldi le numerose distese aride ricche di alberi e cespugli. Questo ne favorisce anche la ricrescita.
Arrivati infine al momento del tramonto davanti ad Uluru, ci siamo goduti la fine della giornata: un bicchiere di vino ed un brindisi davanti al massiccio roccioso che cambiava colore, passando dal rosso fuoco al grigio più spento, mentre il cielo intorno si tingeva di blu e rosa. Guardando invece in direzione del sole abbiamo visto un altro spettacolo: le nubi scure degli incendi offuscavano il sole, permettendoci di vedere direttamente la sfera rossa scendere sotto l’orizzonte, mentre le nuvole si tingevano di tutti i colori.
È stata un’esperienza unica: non saprei indicare il momento migliore, ma la giornata è stata senza dubbio indimenticabile. I tour guidati meritano, ma dopo avere imparato le curiosità del parco nazionale e della cultura aborigena probabilmente sarebbe altrettanto bello noleggiare un’auto e girare in maniera autonoma tra le varie formazioni rocciose. Un’esperienza da provare.